Perché a me? di Camelia Morda Baciu

PERCHE’ a me?, di Camelia Morda Baciu
Ho letto questo libro in lingua italiana e, dunque, mi sento responsabile del fare una degna presentazione, ovviamente, in lingua italiana. Perché a me? Si domanda Camelia in questo lungo racconto di vita vissuta, un racconto scritto con il cuore cuore in mano e immenso coraggio.

Perché a me? inizia a domandarsi l’autrice, sin dalle prime pagine, quando senza esitare, ci invita a far parte del suo inferno personale, della sua lotta continua contro una malattia perfida, infame, nascosta, un mostro che agisce di nascosto, aggrappandosi alla vita dei più fragili e impedendoli di respirare, di muoversi, di vivere liberamente. Camelia trova una parola perfetta per questo mostro con il quale è dovuta convivere, chiamandolo semplicemente: “la bestia”.

Lo so che non è facile raccontarsi, tanto meno se ciò che racconti si riferisce ad una patologia complicata, difficile da spiegare e ancor più difficile da capire. Ma Camelia non ci racconta solo la malattia e il suo percorso di guarigione. Lei va ancor più in profondità, trovando spiegazioni valide per quel che erano stati i motivi che avevano scatenato la sua discesa negli abissi della “pazzia”, cosi come lei stessa afferma. Ovviamente, dichiarare di aver sofferto di una tale patologia mal compressa dalla grande maggioranza della gente, può provocare fraintendimenti e conclusioni errate.

L’infanzia delle figlie, alle quali Camelia è indissolubilmente legata e l’incidenti durante il percorso della loro giovane età, la lontananza dalle terre natie, la schiavitù obbligata da un contratto di lavoro sbagliato e dai datori di lavoro mancanti di scrupoli, le difficoltà economiche e stanchezza accumulata in anni di vita difficile, vita nella quale, forse, ognuno di noi possiamo ritrovarci, tutti questi motivi portarono Camelia verso un pericoloso declino che, però, lei è riuscita a percorrere in anni e anni di difficile guerra. Momenti dolorosi di racconti, di incontri e separazioni, momenti di assoluta incomprensione e di desolazione totale, possono portare chiunque, anche il più forte, alla decisione finale, ma Camelia riesce a trovare sempre un rimedio. Per prima trova un rifugio nell’acqua, poi nelle immancabili pillole e gocce, nel profumo divino del caffè appena tostato e nei profumi dell’infanzia. Cerca aiuto nei libri che trattano l’argomento della depressione e trova aiuto nella vita di Madre Teresa da Calcutta, nella vita di Santo Nectarios di Egina, nei racconti delle visioni di Medjugorie e nelle parole di Padre Arsenie Boca. Ritrova sempre spiegazioni nei scritti di Nietzche e si sente molto vicina a Dio, che non l’abbandona mai, durante l’intero percorso curativo e di guarigione. Riesce addirittura di ritrovarsi nell’aiuto accordato da una chiaroveggente e un curatore con la bioenergia e non si dimentica mai di pregare Dio. Ha due immancabili amiche, entrambe dottoresse, che non l’abbandonano mai, ma, sopratutto, riesce a farsi forza da sola, a sollevarsi al di sopra di ogni difficoltà e impedimento, di ascoltare la voce interiore del suo Charlie, che non l’abbandona mai e di sentire il cinguettio degli uccellini. Legge tantissimo e sprofonda tutti i suoi sensi nella necessità di sapere di più e di affrontare tutto da sola. Dietro alle sue spalle c’è sempre la voce dei suoi genitori e la responsabilità, come ho già detto in precedenza, per quel che riguarda le sue due figlie e il loro futuro.

Trova la terapia attraverso la scrittura e all’ombra dell’Albero della Morte, legge e scrive le sue poesie che ritroviamo come attimi di immensa sincerità, come sospiri di un’anima ferita, tra le pagine di questo libro doloroso.

Ritrova la consapevolezza della vita che è soltanto un breve passaggio, con ostacoli e ferite difficili da rimarginare, ma sa donare sorrisi e canzoni a chiunque sa ascoltarla. Sale addirittura sulla sedia della sala colazioni, nell’albergo Franklin, a Roma, e offre spettacolo ai clienti della giornata. Viene apprezzata in ogni momento e le amicizie vere rimangono fedeli anche nei momenti più bui, quelli in cui alcuni scappano a gambe levate. Perché? Perché la solitudine è di obbligo nella malattia, perché non è facile convivere con una persona che non è più come prima.

Considero che il coraggio di Camelia di raccontare tutti questi dolorosi passaggi va premiato.

L’intero libro si legge tutto d’un fiato, senza interruzione. Non ci sono capitoli, non ci sono pagine bianche. Leggendolo, sentirete come la storia di Camelia vi travolgerà rapidamente e non vi permetterà di annoiarvi. E sì, se volete saperlo, della storia di Camelia si può dire una cosa universalmente riconosciuta: “la vita batte il film”.

Recensione di Roxana Lazăr, scrittrice

Roxana Lazăr, scrittrice
la copertina del libro Perché a me?